La crescente rilevanza, ribadita in più occasioni dalle istituzioni comunitarie (Conclusione del Consiglio Europeo di Cardiff, 15-16 giugno 1998, del Consiglio Europeo di Helsinki, 10-11 dicembre 1999), di una politica della trasparenza nell’ordinamento dell’Unione rappresenta il frutto di un processo che ha indotto le istituzioni della Comunità a rafforzare il proprio impegno nella direzione di una maggiore democratizzazione, apertura ed accessibilità, sulla scia del trend internazionale e degli ordinamenti nazionali
Ad esempio, in vista del lancio della Conferenza intergovernativa di revisione del Trattato di Maastricht, il Consiglio europeo di Corfù, a seguito dell’accordo di Ioannina, aveva istituito il Gruppo di riflessione, che aveva lo scopo di preparare la Conferenza e di esaminare ed elaborare idee concernenti le disposizioni del Trattato dell’Unione europea al fine di migliorare lo spirito di democrazia e di apertura (Conclusioni del Consiglio europeo di Corfù, 24 e 25 giugno 1994).
Nei Trattati si rivengono aspetti di apertura sul tema della trasparenza in diverse disposizioni. Ma forse quella che merita una particolare attenzione è la previsione dell’art. 1 TUE dove si sancisce che le decisioni delle Comunità debbano essere prese “il più vicino possibile ai cittadini” con una locuzione forse meno chiara di quella della versione inglese laddove si legge “as openly as possible”.
Esiste poi una serie di disposizioni che si rivolgono in modo particolare al diritto di accesso come ad esempio l’art. 255 (ex art. 191 A) CE. Il Trattato di Amsterdam ha previsto, inoltre, una norma ad hoc che regola l’accesso solo a quei documenti prodotti dal Consiglio in qualità di legislatore: l’art. 207, 3 par. (ex art. 151) CE, la cui ratio va rintracciata nella volontà di permettere una visione ampia anche dei documenti legislativi, sottraendoli ad un tradizionale regime di chiusura, ma tenendo conto della loro specificità.
La trasparenza voluta dai Consigli europei risulta un concetto poliedrico che assume innumerevoli significati.
In primo luogo si parla trasparenza nel senso di chiarezza del sistema istituzionale che dovrebbe possedere le caratteristiche di chiarezza e semplicità.
In secondo luogo si parla di l’accesso alla legislazione, in termini di motivazione, pubblicità e facilità di accesso. Un ruolo particolare assume in questo contesto il diritto di accesso ai documenti al fine di consentire ai cittadini di esercitare un controllo effettivo ed efficace sull’esercizio del potere di cui le istituzioni comunitarie sono dotate e rendere effettivi i diritti di cittadinanza ad essi attribuiti.
Ed infine, forse l’aspetto più rilevante dal punto di vista del principio democratico, la trasparenza del processo decisionale, vale a dire la possibilità per i cittadini di conoscere le varie fasi dell’iter decisionale e una politica generale d’informazione e di apertura
In quest’ultima accezione la trasparenza diviene così uno strumento atto a rafforzare a fiducia del pubblico nei confronti dell’amministrazione e, come si legge nella la dichiarazione n. 17 allegata al Trattato di Maastricht, la natura democratica delle istituzioni.
Malgrado le indubbie aperture degli ultimi anni a favore di una maggiore “trasparenza”, pur tuttavia dobbiamo constatare che il processo di “apertura” dei procedimenti decisionali comunitari non è ancora completo. Ciò rappresenterebbe un grave problema per la democrazia nell’Unione anche in relazione al fatto che la mancanza si trasparenza incide da una parte sul funzionamento di meccanismi di responsabilità democratica e di controllo (entrambi essenziali al corretto funzionamento di un regime democratico!), dall’altra – e conseguentemente – permette che gruppi di interesse e Lobby possano influire in modo “non chiaro” sulle decisioni.
In queste direzione si muove il «Libro verde iniziativa europea per la trasparenza», COM(2006) 194 def. 03.05.2006, che propone alcune indicazioni su come migliorare la trasparenza nelle relazioni tra le istituzioni dell’UE e i lobbisti
Per la Commissione, infatti, alcune pratiche di lobbismo vanno al di là della legittima rappresentanza di interessi, come ad esempio informazioni distorte sul possibile impatto di proposte legislative, campagne di comunicazione di massa pro o contro una determinata causa e possibili conflitti di interesse nel caso in cui vengano formulate proposte da parte di coloro che beneficiano del sostegno finanziario proveniente dal bilancio dell’UE.
Deve essere chiaro ai cittadini europei l’apporto che essi forniscono alle istituzioni, chi rappresentano, qual è la loro missione e come vengono finanziati.
La Commissione propone dunque un sistema volontario di registrazione, gestito dalla stessa Commissione, con chiari incentivi alla registrazione da parte dei gruppi di interesse. Tale sistema consisterebbe di: a) un sistema volontario di registrazione accessibile sul web; b) un codice di condotta comune per tutti i gruppi di interesse; c) un sistema di controlli e sanzioni in caso di registrazione scorretta e/o di violazione del codice di condotta; d) un’informazione migliore sui fondi UE