di Vincenzo Bassi
Abstract: la rilevanza fiscale dei contributi associativi e dei corrispettivi specifici versati dai soci di enti associativi può essere individuata verificando se l’ente svolge l’attività a favore dei soci, in forza del vincolo associativo in conformità alle sue finalità istituzionali. Per questo, in linea di principio, il corrispettivo specifico è rilevante ai fini fiscali se deriva da un contratto bilaterale di scambio di natura sinallagmatica, per effetto del quale il socio beneficia di un bene o di un servizio resogli dall’ente associativo.
Nel corso degli anni gli enti non commerciali in generale, e quelli associativi, in particolare, hanno assunto un ruolo di primo piano nel sistema economico e sociale italiano – ruolo che è destinato a crescere. Infatti, ai sensi dell’art. 118, co. 4 della Cost., “Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini (…) associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà”. Pertanto, la gestione di questi enti richiederà sempre maggiori professionalità, poiché le problematiche da risolvere sono complesse. Da questa complessità non sfugge, ovviamente, il fisco. Ed è per questo che occorre definire i concetti di contributi associativi e dei corrispettivi specifici versati dai soci di enti associativi, analizzando la loro rilevanza ai fini dell’imposizione diretta e dell’IVA.
Imposizione diretta – Le associazioni sono soggetti IRES e rientrano nella categoria degli enti non commerciali, in qualità di enti associativi, ovvero di quegli enti che, ai sensi dell’art. 73, co. 1, lett. c del d.p.r. 22 dicembre 1986 n. 917 (“TUIR”), non hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di un’attività commerciale.
La determinazione del reddito imponibile IRES per i suddetti enti è, in linea di principio, assimilata a quella delle persone fisiche. In particolare, ai sensi dell’art. 143 del TUIR, alla formazione del reddito complessivo (determinato secondo le disposizioni dell’art. 8 del TUIR) concorrono, isolatamente, i redditi fondiari, di capitale, di impresa e diversi.
Trattandosi di enti associativi1, non concorrono, al contrario, alla formazione del reddito dell’associazione, inter alia2, le somme versate dagli associati o dai partecipanti a titolo di quote o di contributi associativi (art. 148, co. 1 del TUIR) destinati ad essere utilizzate per le finalità e nell’interesse generale dell’ente.
Per contributi associativi si possono intendere, per esempio, le quote o, in generale, i liberi contributi dei soci versati alle associazioni, per finanziare le attività dell’ente. Il versamento della suddetta quota o dei liberi contributi trova la sua ragione nel negozio associativo (e nella conseguente acquisizione da parte dell’associato o del partecipante della qualità di socio) e non in un differente rapporto contrattuale (di scambio) tra l’ente associativo e il socio. Infatti, l’attività istituzionale dell’associazione – finanziata come sopra – è rivolta al perseguimento dello scopo voluto dalla generalità degli associati, escludendo così un nesso di sinallagmaticità tra le somme versate dai soci (a titolo di quote o contributi associativi) e l’attività svolta dall’associazione stessa.