Avv. Carla Di Lello
Forse non tutti sanno che il Parlamento europeo, nacque, un po’ per caso, come risposta ad una querelle sorta tra gli originari Paesi aderenti alla CECA.
Con il Trattato di Parigi del 18 aprile 1951, infatti, era stata creata un’istituzione unica del suo genere: l’Alta Autorità, organo esecutivo ed indipendente precursore dell’odierna Commissione, alla quale venivano attribuiti i poteri di prendere decisioni aventi effetti negli Stati membri. Ciò sollevò da subito il problema della relativa responsabilità come organo sopranazionale, ma la questione non era di facile soluzione dal momento che sarebbe stato impossibile renderlo responsabile verso gli Stati dai quali avrebbe dovuto invece essere indipendente. D’altra parte, tuttavia, i governi dei sei non erano d’accordo su chi dovesse controllare l’esecutivo.
Il compromesso fu la creazione di un’istituzione parlamentare in possesso solo di poteri di controllo – la mozione di censura sull’Alta autorità – senza competenze sul Bilancio e senza poteri legislativi. In questo modo, si pensava, l’Assemblea comune avrebbe dovuto svolgere un ruolo del tutto marginale nel contesto istituzionale comunitario. Tuttavia, quando dalla prima sessione di lavoro del 1952, l’Assemblea di “auto-denominò” Parlamento europeo, si comprese subito che l’istituzione sarebbe stata destinata ad assumere via via un ruolo di sempre maggior importanza.
I primi passi, furono il riconoscimento delle prime embrionali competenze nella fase decisionale, (Trattato di Roma del 1957) e delle prime importanti competenze in materia di Bilancio (Trattato di Lussemburgo del 1970).
Durante il Summit di Parigi del dicembre 1974, i Capi di governo decisero di istituzionalizzare le loro riunioni sotto forma di Consiglio d’Europa e di incontrarsi tre volte l’anno. Per equilibrare questo rafforzamento del lato intergovernativo della Comunità, acconsentivano a che si desse luogo ad un’elezione diretta del Parlamento europeo. Si decise quindi che le elezioni si sarebbero dovute tenere durante o dopo 1978 su proposta del Parlamento europeo e decisione del Consiglio nel 1976.
Di fatto nel 1979, con un solo anno di ritardo, ci furono le prime elezioni dirette del Parlamento europeo. Ciò determinò un incremento della sua legittimazione come istituzione direttamente eletta dal popolo (o, rectius, dai “popoli”), la qualcosa avrebbe dovuto renderla idonea a colmare i gap di controllo dei parlamenti nazionali.
Non deve perciò sorprendere che dopo le elezioni si fece pressione per avere dei cambiamenti istituzionali con i seguenti obiettivi: rafforzare le competenze e la responsabilità delle Comunità applicando il principio di sussidiarietà, rendere i procedimenti decisionali comunitari più efficienti e, al contempo, implementare i meccanismi di controllo e di responsabilità democratica. Infatti, è da far risalire a quegli anni il primo atto ufficiale della Comunità al cui interno compare il principio democratico (Dichiarazione sulla democrazia del Consiglio europeo di Copenaghen del 7-8 aprile 1978) e nel quale si afferma che “I capi di Stato e di governo confermano la loro volontà (…) di salvaguardare i principi della democrazia rappresentativa, della sovranità della legge, della giustizia sociale e del rispetto dei diritti dell’uomo. L’applicazione di tali principi implica un regime politico di democrazia pluralistica che garantisce la libera espressione delle opinioni nell’organizzazione costituzionale dei poteri e le procedure necessarie alla tutela dei diritti dell’uomo”. Si cominciò a pensare che la perdita di poteri da parte dei parlamenti nazionali avrebbe potuto essere compensata da un aumento dei poteri del Parlamento europeo. Nel contempo l’egemonia del Consiglio doveva essere limitata.
Queste questioni, hanno dominato e dominano tuttora le discussioni circa il futuro dell’integrazione europea. Questo a testimonianza del fatto che la creazione e il rafforzamento del Parlamento europeo ha avuto effetti dirompenti sullo sviluppo della costruzione europea.
L’Atto Unico perseguiva da una parte l’obiettivo della realizzazione di un grande mercato interno entro il 1 gennaio 1993 e dall’altra quello di accrescere il ruolo del Parlamento europeo al fine di rimediare al deficit democratico esistente nel sistema decisionale comunitario.
Di conseguenza, venne introdotta la maggioranza qualificata in tutte quelle materie concernenti il mercato interno e venne rafforzato il ruolo del Parlamento. L’Atto Unico introdusse inoltre la procedura di cooperazione, secondo la quale il Parlamento avrebbe potuto dare o meno il proprio assenso ad una proposta.
Il Trattato di Maastricht, poi, può essere valutato, nel complesso, come un grande successo per il Parlamento europeo. L’introduzione della procedura di co-decisione in ben 15 materie, infatti, forniva al Parlamento la possibilità di concorrere nella legislazione insieme al Consiglio. Inoltre, vennero estese le procedure di cooperazione e il Parlamento venne coinvolto nella nomina della Commissione il cui periodo di carica venne fatto coincidere con quello del Parlamento.
Con il Trattato di Amsterdam, firmato il 2 ottobre 1997, prima e Nizza dopo, l’uso della procedura di codecisione fu più che raddoppiato. La procedura di codecisione, inoltre, venne semplificata e accelerata, grazie alla soppressione della terza lettura.
L’aver ripercorso, sia pure sinteticamente, le vicende del Parlamento europeo, consente di vedere come negli ultimi venticinque anni questa istituzione abbia modificato la propria posizione istituzionale e aumentato significativamente la sua importanza. Dall’istituzione soltanto consultiva iniziale, con significato eminentemente simbolico, si è assistito ad una graduale evoluzione dei suoi poteri legislativi. Il processo indubbiamente non si è ancora concluso, ma importanti elementi di apertura nel senso di un rafforzamento del ruolo Parlamento europeo all’interno della costruzione comunitaria sono ravvisabili nei lavori che hanno portato alla formulazione del testo di Trattato che istituisce una Costituzione per l’Europa. Sappiamo però come quest’ultimo la mancata ratifica di alcuni Stati ha segnato una battuta d’arresto del processo d’integrazione europeo e delle ambizione di empowerment del Parlamento. Non ci resta, quindi, che attendere le evoluzioni dei prossimi anni.